CARENZA DI FERRO E ANEMIA
L’anemia da carenza di ferro, o anemia sideropenica, è una malattia caratterizzata da un ridotto quantitativo di ferro nell’organismo.
Il ferro (Fe) è necessario perché fa parte della struttura di alcune proteine molto importanti tra cui l’emoglobina (Hb), una proteina globulare che si trova all’interno dei globuli rossi e consente di trasportare l’ossigeno dai polmoni alle cellule e di eliminare l’anidride carbonica.
L’anemia, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, deve considerarsi accertata (diagnosticata) quando i valori di emoglobina nel sangue sono al di sotto di 12 grammi per decilitro (g/dL) nelle donne e di 13,4 g/dL negli uomini.
Il ferro, nell’organismo, è sempre legato a delle proteine specifiche che servono per immagazzinarlo (ferritina) e per trasportarlo (transferrina, lattoferrina) perché se fosse libero sarebbe tossico. Deriva, principalmente, dalla disgregazione dei globuli rossi invecchiati ed è riutilizzato nel midollo osseo per formare l’emoglobina presente nei nuovi globuli rossi. Solo in minor misura proviene dall’alimentazione.
Il ferro introdotto con gli alimenti, infatti, è assorbito solo per il 5-10% dall’intestino: una parte, si lega a una proteina, chiamata apoferritina, che dà origine alla ferritina, la principale forma di deposito del ferro; l’altra parte, si unisce ad un’altra proteina, la transferrina, che ha il compito di trasportarlo e di facilitarne il passaggio all’interno delle cellule.
I sintomi dell’anemia da carenza di ferro (sideropenica) sono molteplici: alcuni hanno caratteristiche comuni a tutte le forme di anemia; altri, sono tipici della carenza di ferro.
Poiché il ferro è un componente essenziale non solo dell’emoglobina, ma anche di un gran numero di sostanze che favoriscono e aumentano la velocità delle reazioni chimiche (enzimi) e sono coinvolte in altri processi metabolici, bassi livelli di ferro possono provocare una riduzione del metabolismo energetico in generale.
Una delle maggiori difficoltà nell’individuare l’anemia in fase iniziale dipende dalla lentezza con cui si sviluppa e dal conseguente, graduale, adattamento dell’organismo.
È possibile, pertanto, scoprire delle forme di anemia che non causano disturbi (asintomatiche) in occasione di analisi di laboratorio eseguite per altri motivi.
I sintomi più comuni sono:
- mal di testa (cefalea) ed emicranie frequenti e prolungate
- colorito pallido della pelle e delle mucose
- affaticamento e spossatezza (astenia) anche a riposo
- difficoltà respiratorie anche in assenza di esercizio fisico (dispnea)
Tra i sintomi meno comuni:
- perdita dei capelli (alopecia)
- infiammazione e gonfiore della lingua (glossite)
- sindrome delle gambe senza riposo
- secchezza e fragilità della pelle, delle unghie e dei capelli
- soffio cardiaco
- tachicardia
- stress, calo delle prestazioni, mancanza di concentrazione (disfunzioni neuro-cognitive)
- angina pectoris
- vertigini e rumori fastidiosi, percepiti da una o entrambe le orecchie (acufeni)
- unghie a cucchiaio (coilonichia)
Se sono presenti uno o più dei disturbi (sintomi) sopraindicati è consigliabile consultare il proprio medico curante.
Le cause della carenza di ferro nell’organismo possono essere di natura patologica (determinate da malattie) o fisiologica, cioè dipendenti da una serie di condizioni normali che possono determinare un maggior “consumo” di ferro da parte dell’organismo come, ad esempio, il ciclo mestruale, la gravidanza, l’allattamento o il periodo dell’infanzia.
In questa fase, infatti, la crescita dell’organismo determina un rapido impoverimento delle riserve di ferro presenti alla nascita e, in assenza di un’alimentazione adeguata a ristabilirle, potrebbe causare l’anemia.
Nelle donne in età fertile, la più comune causa di anemia da carenza di ferro è la mestruazione abbondante (menorragia), che provoca significative perdite di sangue.
Durante la gravidanza le richieste di ferro dell’organismo triplicano, sia per la naturale espansione del numero di globuli rossi, sia per lo sviluppo del feto e della placenta.
Invece le cause più frequenti di anemia da carenza di ferro di natura patologica possono essere distinte in due diversi tipi:
- ridotta disponibilità di ferro, per mancanza di sostanze nutritive, a causa di una dieta inadeguata, o per malattie da malassorbimento. Nella maggior parte dei casi si tratta di condizioni di malassorbimento conseguenti a diversi fattori:
- malattie dell’apparatogastro-intestinale come la celiachia, la gastrite o la presenza di helicobacter pylori
- cure a base di farmaci indicati per problemi di stomaco come gli inibitori della pompa protonica (omeprazolo, lanzoprazolo, esomeprazolo, pantoprazolo)
- interventi chirurgici quali la gastrectomia, il bypass gastrico e la resezione intestinale
- fattori esterni costituiti da perdite di sangue evidenti (emorragie da trauma o da fragilità vascolare) o occulte (emorragie interne), da altre malattie e/o terapie, da difetti genetici. Tra questi fattori, i più comuni sono i sanguinamenti interni del tratto gastrointestinale che possono essere causati sia da malattie croniche (ulcera gastrica, angiodisplasia, malattie parassitarie, carcinoma gastrico e del colon-retto), sia dall’uso protratto nel tempo di farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), in particolare, aspirina, indometacina, diclofenac, ibuprofene, naprossene, nimesulide
Altre malattie che possono causare la comparsa di un’anemia sideropenica sono: il morbo di Crohn, la colite ulcerosa, l’insufficienza cardiaca, l’insufficienza renale, l’artrite reumatoide, l’obesità, diverse forme tumorali e le relative chemioterapie.
Infine, vi sono le cause genetiche come quelle osservate nell’anemia sideropenica refrattaria al ferro (IRIDA) e altre malattie ereditarie molto più rare (anemia di Fanconi, deficit di Piruvato-Kinasi).
La cura dell’anemia sideropenica è mirata a riportare nella norma i livelli di emoglobina e a ripristinare le riserve di ferro dell’organismo, mediante:
- rimozione delle cause che ne determinano la carenza
- integrazione delle riserve di ferro
Il primo punto è il più importante perché qualsiasi terapia farmacologica sarebbe inefficace se non fossero eliminate le cause alla base della mancanza di ferro. Per questo motivo è opportuno che, dopo aver individuato la causa dell’anemia, la persona malata sia indirizzata allo specialista più adatto a curare la malattia che ha determinato la carenza di ferro.
Per ricostituire le riserve, la terapia migliore è il ferro da prendere per bocca (via orale) perché è efficace e sicuro. Esistono diverse formulazioni e forme farmaceutiche che possono essere scelte in base all’entità della carenza e alle esigenze del singolo paziente.
In alcuni casi possono comparire alcuni effetti collaterali gastrointestinali come nausea, dispepsia, stipsi o diarrea, feci scure. Per ridurre tali disturbi, può essere utile suddividere e ridurre il dosaggio giornaliero e, contemporaneamente, prendere 500 unità di vitamina C che amplifica l’assorbimento del ferro. Inoltre, gli effetti indesiderati possono essere ridotti anche prendendo il ferro a stomaco pieno.